mercoledì 25 luglio 2012

La prima cellula virtuale

Lo studio pubblicato cinque giorni fa sulle pagine della prestigiosa rivista Cell da parte di un team di ricercatori dell'università di Stanford segna davvero un momento storico per la biologia e la scienza più in generale: l'alba della "biologia cellulare computazionale". La portata di questo annuncio è analoga a quella di quando, nel 2010, Craig Venter stupì il mondo annunciando di aver creato la prima forma di vita artificiale.
L'impresa compiuta dal gruppo di bioingegneri,  bioinformatici e biofisici autori dell'articolo è stata usare i dati contenuti in più di 900 articoli scientifici per produrre il primo modello computazionale completo del ciclo vitale di un patogeno umano, il Mycoplasma genitalium, simulando tutte le componenti cellulari e le loro interazioni in grande dettaglio.
La scelta di usare il Mycoplasma genitalium come organismo modello per la creazione del primo microorganismo virtuale si deve al fatto che si tratta del batterio più piccolo capace di vita autonoma, dotato di appena 525 geni (per fare un confronto  E. coli, il più famoso batterio da laboratorio ne ha  4288). Questo ovviamente non solo rende più semplice la sua modellizzazione, ma abbassa anche la capacità di calcolo dei computer richiesti per far "vivere" in silico in batterio virtuale (cioè per "far girare" la simulazione). Ciò nonostante simulare tutti i processi molecolari che avvengono nel Mycoplasma genitalium rimane una sfida computazionale notevole. Per simulare una singola divisione cellulare, i 128 computer usati nello studio, dotati di 28 algoritmi connessi tra loro (ognuno in grado di riprodurre un singolo processo biologico), hanno impiegato circa 10 ore durante le quali è stato prodotto più di mezzo gigabyte di dati.
Il successo raggiunto dai ricercatori guidati dal professore di bioingegneria Markus Covert: simulare un intero organismo al computer, rappresenta da sempre una sorta di "Santo Graal" della biologia computazionale. Infatti un modello computazionale come quello realizzato dagli scienziati di Stanford non solo permetterà di esaminare nel dettaglio questioni di biologia fondamentale che non sarebbe facile affrontare altrimenti, ma rappresenta anche una pietra miliare verso l'uso del "computer-aided design" (CAD) in bioingegneria e medicina. Il CAD ha rivoluzionato settori come l'ingegneria aeronautica e quella civile; la sua applicazione nel campo della biologia sintetica o del drug design permetterebbe di esprimere tutto l'enorme potenziale della medicina personalizzata (qui, si era già parlato di un progetto europeo in proposito), e darebbe una gigantesca spinta all'industria biotecnologica. Tuttavia sarà probabilmente necessario aspettare ancora qualche anno prima che una tecnologia come il CAD biologico si sviluppi e si diffonda; la strada da fare è ancora lunga. Ora infatti l'obbiettivo è quello di simulare cellule più complesse come quelle umane e, eventualmente, passare a simulare piccoli organismi pluricellulari o interazioni tra gruppi di cellule nei tessuti. Jonathan Karr, dottorando in biofisica a Stanford e primo coautore dello studio ha dichiarato: "L'obbiettivo non è solo quello di comprendere meglio Mycoplasma genitalium, ma la biologia in generale" e ha aggiunto "questo potrebbe essere l'inizio di una sorta di nuovo Progetto Genoma Umano: sarà necessario uno sforzo collettivo di tutta la comunità scientifica per arrivare a realizzare un modello computazionale di una cellula umana".
In conclusione vi lascio alla visione di una breve intervista (in inglese) dell'anno scorso a Markus Covert. Nel video il bioingegnere racconta la sua esperienza a Stanford, la sua passione per la bioingegneria e le motivazioni del suo ambizioso progetto che, proprio in questi giorni, è stato coronato dal successo.

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