martedì 19 giugno 2012

CNAO - La fisica nucleare contro il cancro

Ritorniamo a parlare di oncologia e di fisica con il post di oggi in cui voglio presentarvi una punta di eccellenza scientifica e clinica tutta italiana. Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica(CNAO), da poco entrato in funzione a Pavia, è uno tra i primi centri al mondo specificamente dedicato al trattamento dei tumori mediante adroterapia con ioni carbonio in aggiunta ai più convenzionali protoni.
Negli ultimi decenni i metodi di trattamento dei tumori tramite fasci di particelle che vanno sotto il nome di "adroterapia" hanno conosciuto un grande sviluppo. Questa denominazione deriva dal fatto che le particelle utilizzate non sono fotoni, come i raggi x e gamma usati nella radioterapia convenzionale, ma "adroni"; questo termine è utilizzato in fisica nucleare per indicare particelle composite formate da più quark come, ad esempio, i protoni e i neutroni che formano il nucleo degli atomi. Gli adroni più utilizzati sono i protoni (che sono nuclei di idrogeno senza più elettroni), e ioni carbonio (nuclei di carbonio privati dei loro 6 elettroni).
Queste particelle, essendo elettricamente cariche e pesanti, sono poco deflesse negli urti con i componenti atomici e molecolari dei tessuti e li attraversano, di conseguenza, seguendo un percorso approssimativamente rettilineo. In virtù della loro alta energia e grazie alla loro carica elettrica gli adroni possono "strappare" elettroni dalle molecole dei tessuti, ionizzandole (è questo il motivo per cui si parla di radiazioni ionizzanti). La radiazione ionizzante, interagendo con una molecola d’acqua (che costituisce circa il 70% del corpo umano) può portare alla formazione di specie chimiche radicaliche come H e OH, cioè molecole in cui è presente un elettrone spaiato che, di conseguenza, sono estremamente reattive. I radicali così prodotti, proprio a causa della loro estrema reattività, possono essere causa di danni di varia natura per le cellule colpite. Questi vanno dalla rottura delle membrane cellulari (quando i radicali agiscono sugli acidi grassi che formano i lipidi di membrana cellulare), alla modificazione degli aminoacidi delle proteine cellulari che, perdendo la propria struttura tridimensionale, perdono anche la propria funzione biologica, fino al danneggiamento del DNA.
Tutti questi danni possono portare alla morte delle cellule colpite. Nell'applicazione terapeutica delle radiazioni, queste vengono usate proprio per uccidere le cellule tumorali risparmiando il più possibile il tessuto sano circostante, nel tentativo di eliminare le neoplasie.
I fasci di adroni, a differenza dei raggi x, anche se più costosi da produrre di questi ultimi, perdono la maggior parte delle propria energia negli ultimi centimetri di percorso nel tessuto, nei pressi del punto di arresto. Questo fenomeno detto del “picco di Bragg” fa si che essi siano in grado di danneggiare in modo molto selettivo i tessuti malati, cedendo energia proprio là dove si trova il tumore. Per merito del “picco di Bragg”, protoni accelerati a 200 MeV e ioni carbonio accelerati a 4800 MeV permettono di irradiare i tumori profondi (fino a 25 cm sotto la pelle) seguendone il contorno con precisione millimetrica. E' per questo motivo che l’adroterapia è meno invasiva della radioterapia tradizionale e risulta indicata per un numero sempre maggiore di tumori. I trattamenti di adroterapia sono però 2-3 volte più costosi in quanto gli adroni carichi sono particelle subatomiche difficili da accelerare perché migliaia di volte più pesanti degli elettroni che producono i raggi X nei linac, gli acceleratori lineari. Il problema risiede soprattutto nella dimensione degli apparati: acceleratori, linee di fascio e le cosiddette “gantries” (che servono a far arrivare il fascio a un angolo ben preciso sul paziente) occupano molto spazio ed è per questo motivo che spesso risulta necessaria la costruzione di nuovi edifici appositamente progettati, in cui bisogna predisporre anche tutto l’apparato ospedaliero necessario.
Fisici e ingegneri della Fondazione CNAO, in collaborazione con numerosi Enti tra cui in particolare l’INFN e il CERN, hanno lavorato per molti anni alla realizzazione dello CNAO e alla costruzione del suo vero "cuore tecnologico": un sincrotrone di 25 m di diametro, non dissimile da quelli usati per la ricerca in fisica fondamentale, basato sull'adattamento del disegno PIMMS da parte della Fondazione TERA diretta dal Prof. Ugo Amaldi. Finalmente, nel settembre dell'anno scorso gli sforzi dei ricercatori sono stati coronati con l'apertura del centro e l'inizio dell'attività clinica. Questo successo, che colloca il nostro paese all'avanguardia nel settore della fisica medica, sta già dando ai pazienti l'opportunità di ricevere le cure più efficaci, migliorandone al contempo la qualità di vita grazie alla riduzione degli effetti collaterali.
Nell'interessante video qui sotto, Paola Catapano del CERN ci mostra da vicino l'acceleratore di particelle del CNAO spiegandone il funzionamento e intervistando le persone che vi lavorano.



Voglio ringraziare la Dottoressa Manuela Cirilli del CERN per la sua disponibilità e il suo aiuto nella correzione della bozza dell'articolo.

lunedì 18 giugno 2012

Future ITC - La "sfera di cristallo" globale

Nel post di oggi voglio presentarvi il sesto ed ultimo progetto FET flagship candidato a ricevere il finanziamento dell'unione europea di cui si è parlato già in vari altri post (ad esempio qui, qui e qui). L'ambizioso obbiettivo del programma FuturITC è di creare quella che è stata definita come una sorta di "sfera di cristallo globale"; un sistema informatico che non si limiterebbe a simulare un singolo campo della finanza della politica o dell'ambiente ma al contrario dovrebbe simulare il numero più elevato possibile di aspetti della nostra società per rispondere agli interrogativi più difficili che si pongono ai decisori politici globali.
"Le dinamiche socio-economiche che guidano la vita della nostra civiltà sono assai poco comprese; possiamo quasi dire di saperne di più sul resto dell'universo che sulla nostra stessa società. Ormai è tempo di sfruttare l'opportunità offertaci dalle sempre più sviluppate tecnologie dell'informazione per studiale l'intricata rete di attività economiche e sociali della nostra civiltà globale, al fine di individuare le migliori strade per un futuro sostenibile". E' così che i promotori di Futur ITC (qui il sito ufficiale) presentano il loro fantascientifico progetto.
Il "FuturICT Knowledge Accelerator" (questo il nome ufficiale del programma) si propone come un impresa scientifica interdisciplinare  senza precedenti nel campo dello studio dei sistemi socio-economici e ambientali che dovrebbe integrare le più moderne tecnologie dell'informazione con le scienze sociali e i più raffinati metodi fisico-matematici per lo studio dei sistemi complessi. In questo modo, sfruttando i flussi torrenziali di dati ormai disponibili su quasi qualunque aspetto della nostra civiltà, il dispositivo al cuore del progetto; il "Living Earth Simulator", dovrebbe riuscire a modellizzare efficacemente i più diversi sistemi globali: dall'economia ai governi, dall'ecologia alle tendenze culturali, dalla demografia all'agricoltura fino al diffondersi delle pandemie. Il progetto, a cui hanno aderito istituzioni accademiche di tutta Europa, coordinate dal Prof. Dirk Helbing del Politecnico di Zurigo,  prevede anche di istituire veri e propri "osservatori di crisi"  che andranno a caccia di problemi globali in fase nascente in modo da intervenire precocemente e risolverli al meglio.
La fiducia degli studiosi nella reale possibilità di realizzare tutto questo viene dai notevoli successi riportati negli ultimi anni nella modellizzazione e simulazione numerica di sistemi sociali altamente complessi come il traffico stradale o la criminalità nelle grandi metropoli occidentali. In proposito Helbing ha dichiarato: "Noi non pretendiamo certo di costruire una macchina onnisciente capace di evitare qualunque disastro o problema. Quello che vogliamo è invece essere in grado di comprendere meglio le condizioni, i meccanismi e l'impatto delle crisi sociali, economiche e ambientali. Per fare questo non sarà necessario "predire il futuro" in maniera dettagliata e temporalmente precisa; basterà definire scenari che permetteranno di rispondere a domande del tipo "cosa succederebbe se..?" in termini di probabilità. In questo modo potremmo testare in silico le conseguenze di diverse strategie di azione, come, ad esempio, l'introduzione di nuovi sistemi di regolamentazione dei mercati, prima di metterle in pratica nel mondo reale".
Nel video di presentazione qui sotto compare anche il fisico teorico italiano Alessandro Vespigniani, membro del gruppo dirigente italiano del progetto, nonché direttore dell'ISI ("Institute for Scientific Interchange") di Torino, noto per i suoi importanti lavori sulle reti complesse.

giovedì 14 giugno 2012

Angeli custodi nanotecnologici

Immaginate una invisibile rete di sensori ed elaboratori elettronici integrata nei tessuti dei nostri vestiti, in un semplice braccialetto o in un qualunque oggetto di uso quotidiano. Raccogliendo ed elaborando continuamente dati sull'ambiente circostante simili dispositivi potrebbero permetterci di monitorare la nostra salute in un modo oggi inimmaginabile, prevenire incidenti per farci vivere un'esistenza più tranquilla o semplicemente rendere la nostra vita più confortevole infondendo negli oggetti con cui ogni giorno veniamo a contatto una sorta di "intelligenza" al nostro servizio. Questo scenario fantascientifico potrebbe divenire realtà in un futuro non troppo lontano grazie ai progressi nel campo delle nanotecnologie e dell'elettronica.
Negli scorsi mesi un consorzio pan-europeo di università e istituti di ricerca pubblici e privati, guidato dai politecnici di Zurigo e Losanna,  ha lanciato il progetto "Guardian Angels for a Smarter Life" (qui il link del sito ufficiale del progetto), candidandosi per ricevere un grosso finanziamento di ricerca da parte dell'unione europea nell'ambito del programma Future and Emerging Technologies (FET) Flagships Initiative. Già in passato ho dedicato un post a quattro degli altri cinque affascinanti progetti in concorso: i temi affrontati, tutti decisamente interdisciplinari e di grande impatto, spaziano dalle neuroscienze, alla scienza dei materiali, dalla bioinformatica fino alla robotica (trovate qui, qui, qui e qui i vecchi post).
"Questo è un progetto che punta in alto: è ambizioso quanto lo è stato il volare sulla luna cinquant'anni fa" ha affermato Christofer Hierold, professore di micro - e nanosistemi presso il politecnico di Zurigo e coordinatore del progetto insieme al professor Adrian Ionescu, direttore del laboratorio di dispositivi nanoelettronici presso il politecnico di Losanna. Quest'ultimo ha aggiunto: "Guardian Angels non si inserisce passivamente nel trend di estrema miniaturizzazione già in atto da anni nel campo delle tecnologie dell'informazione, il nostro obbiettivo primario è sviluppare tecnologie completamente nuove per allargare le frontiere di ciò che è al momento possibile realizzare". Per raggiungere il proprio obbiettivo il progetto richiederà progresso tecnologico a tutti i livelli: dal consumo energetico, alle capacità computazionali fino alla funzionalità dei sensori passando per le tecnologie di comunicazione wireless. Forse la più grande sfida che si pongono i ricercatori è quella di realizzare dispositivi in grado di raccogliere ed immagazzinare energia dal loro stesso ambiente. Per i Guardian Angels, infatti, le batterie non saranno un'opzione; dovranno essere essi stessi in grado di generare l'energia necessaria al loro funzionamento.
E' questo ciò che gli scienziati intendono quando parlano di "zero-power systems": le vibrazioni, i movimenti, le differenze di temperatura o illuminazione possono essere sfruttate per generare piccole quantità di energia elettrica, sufficiente, essendo essi stessi molto piccoli, ad alimentare gli "angeli custodi" che, grazie agli sforzi dei ricercatori, potrebbero vegliare sul nostro futuro.
Ora non mi resta che lasciarvi al bel video di presentazione del progetto... Buona visione!

lunedì 11 giugno 2012

The Feynman series (parte 4) - La chiave della Scienza

Con il post di oggi voglio presentarvi il quarto episodio di "The Feynman Series" (qui il primo, il secondo ed il terzo episodio).
Nella prima parte del video, intitolato "La chiave della Scienza", la sorella di Richard Feynman, Joan, descrive il senso di meraviglia che provò quando il fratello, svegliandola nel cuore della notte, la portò a vedere un'aurora. Questa esperienza la toccò a tal punto da spingerla a studiare astrofisica e dedicare la sua carriera scientifica proprio allo studio della magnetosfera terrestre e dei meccanismi di formazione delle aurore che l'avevano tanto emozionata quella notte. Nella parte successiva del video si vede uno spezzone della bellissima lezione "Seeking new laws" tenuta dal grande fisico americano nell'ambito delle "Messenger Lectures"; una prestigiosa serie di conferenze tenute presso la Cornell University alle quali Feynman partecipò nel 1964, di cui  potete trovare i filmati originali in streaming a questo indirizzo ( se siete interessati alla fisica e più in generale alla scienza ne consiglio vivamente la visione). In "Seeking new laws" Feynman riesce a condensare con grande semplicità in poche parole una splendida descrizione di quella che è la vera "la chiave della scienza": il metodo scientifico.

"In generale, cerchiamo una nuova legge naturale con questa procedura: per prima cosa, facciamo un'ipotesi; poi, calcoliamo le conseguenze dell'ipotesi, per vedere che cosa comporterebbe se questa nuova legge che abbiamo ipotizzato fosse vera; infine, compariamo i risultati di questo calcolo con la Natura, con esperimenti o esperienze, confrontando direttamente con l'osservazione, per vedere se funziona. Se (la legge) è in disaccordo con l'esperimento, è sbagliata. In questa semplice affermazione sta la chiave della scienza. Non fa nessuna differenza quanto l'ipotesi sia bella, non fa nessuna differenza quanto intelligenti voi siate, o chi abbia fatto l'ipotesi, o come si chiama - se è in disaccordo con l'esperimento, è sbagliata."

E' anche interessante notare, tra le immagini che accompagnano il finale del video, quelle dell'esperimento dimostrativo condotto sulla luna dall'astronauta David Scott lasciando cadere insieme un martello e una piuma. Questi oggetti, cadendo nel vuoto e raggiungendo il suolo insieme, confermarono in maniera quanto mai diretta ed intuitiva l' intuizione avuta da Galileo quattro secoli prima. Per i sottotitoli in italiano cliccate sul pulsantino cc in basso a destra nel riquadro del video.

lunedì 4 giugno 2012

La primavera del volo spaziale privato - Verso marte?

Questi sono giorni storici per il volo spaziale; con il successo della missione di prova verso la stazione spaziale della capsula Dragon, SpaceX ha sancito l'inizio dell'era dei privati nello spazio. Il docking della Dragon alla ISS (qui la notizia) non è affatto l'unico evento importante di questi giorni in campo spaziale. Per darvi una idea del clima di grande fermento che sta percorrendo il nascente settore del volo spaziale privato voglio citarvi solo alcuni degli eventi che si sono succeduti in questi giorni.
Il 29 maggio la Sierra Nevada Corporation  ha completato il primo test di volo assistito del proprio veicolo suborbitale: il Dream Chaser. Pochi giorni prima XCOR Aerospace ha annunciato di aver completato i test della pompa dell'ossigeno liquido della propria navetta suborbitale: il Lynx. Excalibur Almaz ha annunciato di avere in programma lanci verso la stazione spaziale internazionale e verso l'orbita lunare. Nello stesso periodo Virgin Galactic ha ricevuto l'autorizzazione a effettuare lanci sperimentali della sua SpaceShipTwo da parte della Federal Aviation Administration. Il 30 maggio Moon Express ha annunciato di aver comprato la Next Giant Leap, LLC realizzando così la prima acquisizione di una compagnia partecipante al Google Lunar X PRIZE (un premio da 30 milioni di dollari per la prima compagnia privata in grado di inviare autonomamente un lander robotico sulla luna). Il 31 Blue Origin ha annunciato di aver completato un importante controllo dei sistemi del proprio veicolo orbitale. A tutto questo bisogna aggiungere l'annuncio dei giorni scorsi della Planetary Resources di cui si è già parlato (qui) e il fatto che da qualche settimana è partita la fase di test del motore ibrido jet/razzo "Sabre", uno dei componenti chiave dello spazioplano britannico Skylon.
In questa vera e propria primavera del volo spaziale privato si inserisce il recente annuncio della costituzione di Mars One (qui il sito ufficiale): una compagnia olandese il cui ambiziosissimo obbiettivo è di realizzare un avamposto umano sul pianeta rosso entro il 2023. La compagnia che al momento è impegnata a raccogliere fondi per il progetto, dovrebbe inviare già nel 2018 un rover per scegliere il punto ideale dove costruire l’insediamento marziano. In seguito, dopo altre missioni preparatorie dedicate alla realizzazione dell'habitat, nel 2022 dovrebbero partire  alla volta di Marte i primi 4 astronauti umani. Una novità è che per autofinanziarsi la compagnia ha intenzione di trasformare la missione nel più grande evento mediatico di tutti i tempi: Bas Lansdorp, l'imprenditore fondatore della società lo definisce come "l’evento mediatico che farà impallidire il Grande Fratello". Una sorta di reality show prolungato seguito in mondovisione. Un altra particolarità del progetto è che gli astronauti non faranno mai ritorno: per diminuire i costi la missione sarà infatti di sola andata, gli uomini e le donne inviati in missione saranno volontari disposti a non fare mai più ritorno sulla Terra. In effetti, l’obiettivo a lungo termine è proprio di colonizzare gradualmente il pianeta; ogni 2 anni verranno inviati altri aspiranti marziani e l'avamposto comincerà a diventare una colonia sempre più autosufficiente.
A favore della fattibilità del progetto ci sono i pareri positivi sulla realizzabilità dell'hardware necessario alla missione da parte di alcune delle più grandi industrie aerospaziali del mondo; dalla Thales Alenia Space fino alla stessa SpaceX. Inoltre, tra i propri testimonial, la neonata compagnia annovera un personaggio del calibro di Gerard’t Hooft, fisico olandese, premio nobel nel 1999 per "aver spiegato la struttura quantica dell'interazione elettrodebole". Qui sotto potete vedere il video di presentazione (in inglese) di Mars One in cui vengono spiegate le varie fasi del progetto e viene intervistato il professor ’t Hooft in merito al suo appoggio all'iniziativa.

venerdì 1 giugno 2012

SICODE - Interfacce cervello macchina "made in Italy"

Dal romanzo “Neuromante”, di William Gibson, fino a “Matrix” passando per il più recente “Avatar” le interfacce cervello-macchina (o BMI dall'inglese Brain Machine Interface) sono sempre state molto popolari nella fantascienza. Le interfacce cervello-macchina disponibili oggi sono, però, ancora molto distanti dal raggiungere i livelli a cui ci hanno abituato scrittori e registi. Ciò che rende così difficile realizzare neurointerfacce à la Matrix che permettano di “editare” una mente, ad esempio “impiantando” un ricordo o imparando istantaneamente una nuova abilità, è che il nostro cervello funziona in modo molto diverso da una tipica “macchina di von Neumann” (quali sono, ad esempio, i nostri personal computer). Se in questo primo tipo di elaboratori di informazione hardware e software sono qualcosa di chiaramente distinto e indipendente, nel tipo di "elaboratori" che sono racchiusi nella nostra scatola cranica questa distinzione perde significato.
Come abbiamo già detto in numerosi altri post, le neuroscienze ci mostrano che i nostri contenuti mentali sono completamente riconducibili alla struttura fisica del nostro cervello. Per dirla con la già più volte citata metafora di Sebastian Seung: “i pensieri e la coscienza soggettiva (come schemi di attività neurale) stanno al connettoma (la struttura fisica del nostro cervello) come l'acqua di un ruscello di montagna sta al suo letto di pietre”. Nei cervelli biologici, infatti, l’informazione “fluisce” attraverso il cervello e la computazione avviene naturalmente a causa delle particolari proprietà fisiche e geometriche dei percorsi neurali. E’ per questo motivo che sarebbe necessario “ricablare” completamente un cervello per apportare modifiche permanenti alla memoria, personalità, ecc… di un individuo. Una simile procedura, al momento, va decisamente oltre i limiti della nostra tecnologia. Tuttavia, grazie ai recenti sviluppi dell’optogenetica (di cui abbiamo già parlato in questo post), si può già cominciare a pensare alla possibilità di realizzare “coprocessori neurali” che, anche senza riconfigurare fisicamente le connessioni del cervello, potrebbero ottenere risultati analoghi attivando “forzatamente” i neuroni giusti per indurre artificialmente i più diversi stati o contenuti mentali.
Se neurointerfacce del tipo appena descritto sono ancora lontane dall’essere sviluppate, rapidi progressi si stanno facendo verso la realizzazione di neurointerfacce di un altro tipo. Neurointerfacce per “controllare con la mente” protesi o altri dispositivi robotici. Sempre più spesso queste interfacce cervello-macchina stanno anche diventando bidirezionali, cioè in grado di inviare feedback sensoriali all’utilizzatore; un fattore molto importate, questo, per permettere, ad esempio, il controllo accurato di un arto protesico (di questo abbiamo già parlato in questo articolo). Gli sviluppi di questo secondo tipo di tecnologie rappresentano una grande promessa per chi è affetto da paralisi o per i portatori di handicap motori: queste persone infatti sarebbero le prime a poterne beneficiare, aumentando la propria indipendenza e migliorando la propria qualità di vita.
E’ proprio in quest’ultima linea di ricerca che si inserisce il progetto di cui vi voglio parlare oggi: SICODE (qui il sito ufficiale). Il progetto, portato avanti da un consorzio di istituti di ricerca europei con il cooordinamento dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova,  si pone l'obbiettivo di perfezionare l'ingegneria delle neurointerfacce approfondendo la comprensione del funzionamento del cervello durante il movimento del corpo. SICODE vedrà l'Italia ricoprire un ruolo di primissimo piano, con la partecipazione dell'IIT, la cui attività sarà coordinata dal dottor Stefano Panzeri del "Center for Neuroscience and Cognitive Systems" di Trento, e con quella della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA). Del consorzio fanno parte anche altri due istituti di grandissimo rilievo internazionale nel campo delle neuroscienze come il Max Planck Institute for Biological Cybernetics di Tubinga e l'Università di Zurigo. Fino ad oggi - spiega il professor Panzeri - veniva presa in considerazione solo la connessione tra i neuroni deputati al movimento e l'oggetto esterno, quale un arto artificiale, senza tenere conto delle variabili di stato che influenzano i processi cerebrali, come gli stati di allerta, attenzione e motivazione. Il cervello è un sistema altamente complesso e solo prendendolo in considerazione nel suo insieme è possibile realizzare delle interfacce in grado di interpretare correttamente tutte le sfumature dei segnali ricevuti, dando così alle protesi a cui sono connesse la capacità di eseguire esattamente i movimenti desiderati.
Il progetto, come è ormai consuetudine nella ricerca neuroscientifica più d'avanguardia, vedrà la partecipazione di un team interdisciplinare, che includerà neuroscienziati, fisici, matematici e ingegneri.  La ricerca – spiega il prof. Vincent Torre della SISSA - si dividerà in due fasi, diverse ma complementari. Innanzitutto cercheremo di comprendere quale sia l'attività elettrica del sistema nervoso in assenza di stimolazioni, ovvero studieremo quale sia la sua attività spontanea che da un punto di vista informatico rappresenta il rumore del sistema. La seconda fase del progetto consiste nella progettazione e realizzazione di interfacce cervello-macchina di nuova generazione capaci di "leggere" correttamente l'attività elettrica del cervello nella prospettiva di poter contribuire a ridare una reale autonomia di movimento a chi è affetto da gravi handicap motori.

mercoledì 30 maggio 2012

In difesa della ricerca scientifica e della sperimentazione animale

Segnalo e ripubblico il seguente comunicato ufficiale del Network dei Transumanisti Italiani (di cui questo blog fa parte) in risposta ad un brutto evento che denuncia l’affermarsi di un clima inquietante nel nostro paese (qui un interessante articolo di my GenomiX sulla questione e qui un altro bell'articolo in proposito) e non promette nulla di buono riguardo alla sussistenza della più elementare libertà d’informazione:

"Il Network dei Transumanisti Italiani esprime piena solidarietà alle giornaliste Barbara Gallavotti e Daniela Mattalia che hanno pubblicato sul settimanale Panorama un servizio (qui il link all'articolo originale) intitolato “O la cavia o la vita”, in cui si fa il punto sulla sperimentazione a scopo di studio e ricerca su animali da laboratorio. L’articolo in questione ha scatenato un’ondata di reazioni polemiche e ambedue le autrici hanno ricevuto mail dai toni fortemente aggressivi, dimostrando come il nostro paese sia ancora preda di atteggiamenti antiscientifici che assumono toni inquietanti.
Dal nostro punto di vista, lungi dall’apprezzare le crudeltà perpetrate ingiustamente sugli animali e pur essendo fiduciosi che il progresso della tecnologia e della medicina possa un giorno consentirci di fare a meno della sperimentazione animale (infatti, come affermato nella nostra dichiarazione di principi al punto 7: “sosteniamo il benessere di tutti gli esseri senzienti, compresi gli esseri umani, gli animali non umani,...”) siamo anche consapevoli che rinunciare oggi a questo tipo di sperimentazione vorrebbe dire rinunciare a nuovi farmaci che potrebbero migliorare la salute di molte persone. Gli animali di laboratorio ci hanno salvato la vita in innumerevoli occasioni, a cominciare dal vaccino che ha quasi fatto sparire la poliomielite nel mondo. Negli ultimi anni, comunque, l’utilizzo di animali da laboratorio a scopo di studio e ricerca si è molto ridotto, grazie a tecnologie alternative che permettono di testare l’effetto del potenziale farmaco. Noi transumanisti, riconoscendoci in un ideale fronte a difesa della ragione, della scienza e della tecnologia, non possiamo che assumere una ferma posizione etica in difesa della ricerca biomedica, e quindi - allo stato - anche della sperimentazione animale. Le fantasie di un certo fondamentalismo ecologista e animalista descrivono un mondo nel quale la natura sarebbe “buona”, mentre l’uomo e la scienza sarebbero “cattivi”. In realtà la malattia è un fenomeno del tutto naturale, mentre l’uomo - nella fattispecie il ricercatore - è colui che si batte per contrastare questo tragico aspetto della natura.
Consideriamo dunque l’atteggiamento antiscientifico come un nuovo oscurantismo della nostra epoca, che va contrastato innanzitutto attraverso una corretta informazione e divulgazione scientifica, e, più in generale, attraverso la diffusione e l’affermazione di una cultura scientifica di base."

Link alla notizia 

Network dei Transumanisti Italiani  
http://transumanisti.org/

lunedì 28 maggio 2012

La scienza può rispondere alle domande dell'etica?

Si pensa comunemente che la scienza non possa rispondere alle domande sul bene e il male, su ciò che giusto e ciò che è sbagliato. Nella conferenza TED che vi voglio proporre oggi Sam Harris, noto filosofo e saggista statunitense, sostiene proprio il contrario. La scienza può, e dovrebbe, essere un'autorità riguardo alle questioni morali, plasmando i valori umani e aiutando a definire ciò che costituisce una buona vita. Sam Harris, insieme a Richard Dawkins, Daniel Dennett e Christopher Hitchens è stato spesso identificato dalla stampa americana come uno dei "quattro cavalieri dell'ateismo" per le sue forti posizioni a favore dello scetticismo e del pensiero scientifico. Harris si è laureato in filosofia all'università di Stanford e, in seguito, ha conseguito un dottorato in neuroscienze presso l'UCLA studiando tramite metodi di neuroimaging come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) le origini neurologiche della credenza, dello scetticismo e dell'incertezza. Sam Harris è anche co-fondatore di "Project Reason" una organizzazione no-profit che si dedica a diffondere i valori della laicità e del pensiero scientifico nella società. Prima di lasciarvi alla visione del video, se siete interessati ai rapporti tra scienza ed etica, colgo l'occasione per consigliarvi vivamente la lettura dell'interessante scritto del sociologo Riccardo Campa che trovate a questo indirizzo. Nel testo lo studioso argomenta contro la comune visione della scienza come di un attività a-morale, cioè eticamente neutra. Nel suo breve saggio Campa mette in luce come la scienza possieda in sé stessa un radicato "codice etico" che, mettendo in primo piano valori come universalità, verità e rifiuto di ogni autoritarismo, ne fa una grande scuola di libertà e democrazia. Detto questo non mi resta che augurarvi buona visione lasciare la parola a Sam Harris.

sabato 26 maggio 2012

Primo incontro del gruppo H+ di Torino

Siete di Torino? Siete curiosi riguardo al transumanismo (se vi state chiedendo di cosa stia parlando leggete questo post) e volete parlarne o semplicemente siete interessati agli sviluppi della ricerca scientifica e tecnologica e volete trovare qualcuno con cui condividere i vostri interessi?
Allora siete invitati a partecipare al primo incontro informale del gruppo locale di Torino del network H+ (http://www.transumanisti.org/) che si terrà a breve. Chi volesse partecipare può iscriversi al gruppo di facebook che si trova a questo link.

martedì 22 maggio 2012

Chirurgia a colori contro il cancro

I marker molecolari fluorescenti potrebbero essere sul punto di rivoluzionare la chirurgia, in particolare quella oncologica. Portare il colore sul campo chirurgico potrebbe rendere gli interventi molto più efficaci, minimizzandone al contempo gli effetti collaterali e l'invasività.
Da sempre i chirurghi imparano l'anatomia su libri in cui, a ciascun colore corrisponde un diverso tipo di tessuto, tuttavia, purtroppo, nella vita reale, gli organi non sono colorati secondo questo "codice cromatico". Questo fatto può comportare notevoli difficoltà in sala operatoria, costringendo i medici a dover intuire, ad esempio, la posizione di un nervo la cui erronea rescissione può comportare seri danni al paziente.
Presto, grazie alla nuova tecnologia che Quyen Nguyen, chirurga e professoressa di otorinolaringoiatria all'università della California, ci presenta nel video qui sotto, le cose potrebbero cambiare. La dottoressa Nguyen, infatti, collaborando con il gruppo di ricerca del professor Roger Tsien, premio Nobel per la chimica nel 2008, sta mettendo a punto l'uso di sonde molecolari fluorescenti in grado di legarsi alle cellule cancerose - e solo a quelle - facendo, letteralmente brillare di luce propria i tumori. La fluorescenza così ottenuta mette il chirurgo nella condizione di sapere esattamente dove tagliare per rimuovere completamente la massa tumorale. Recentemente la dottoressa ha lavorato ad un altra sonda molecolare "intelligente" questa volta in grado di far brillare i nervi, permettendo ai medici di evitarli prevenendo i gravi danni collaterali connessi al loro danneggiamento.
Vi lascio ora all'interessante conferenza della Nguyen nella quale sono mostrate alcune scene di un intervento chirurgico effettuato utilizzando le sonde fluorescenti da lei sviluppate; quelle immagini, più di mille parole, permettono di capire quanto importante e rivoluzionaria potrebbe essere questa innovazione nella pratica chirurgica.

giovedì 17 maggio 2012

I virus come non li avete mai visti

Oggi voglio segnalarvi il bellissimo sito della compagnia di visualizzazione scientifica "Visual Science", premiata questo febbraio dalla rivista Science per la qualità della sue illustrazioni. Qui a fianco potete ammirare delle splendide immagini (cliccate per ingrandire) del virus influenzale A/H1N1 responsabile della pandemia influenzale del 2009 chiamata anche "influenza suina" che ha causato centinaia di morti e decine di migliaia di contagi nel mondo, concentrati per la maggior parte nel continente americano.  Il modello qui a fianco è una accurata ricostruzione della struttura tridimensionale del virus basata sui dati ottenuti tramite tecniche molto usate in biologia strutturale come la cristallografia a raggi x e di crio-microscopia elettronica .
Più sotto potete osservare un ingrandimento di un dettaglio della membrana fosfolipidica che contiene il capside del virus (il capside è la struttura proteica che a sua volta racchiude e protegge dall'ambiente esterno l'acido nucleico che codifica l'informazione genetica del virus).  Nelle immagini qui a fianco potete osservare i singoli atomi che costituiscono i fosfolipidi di membrana (in arancione chiaro) e quelli costituenti le proteine di membrana (grigie ed arancione intenso). Vale la pena una visita al sito di "Visual Science" (qui il link) anche per dare un occhiata ad altre interessanti ricostruzioni di questo virus oltre che a bellissimi modelli tridimensionali interattivi dei virus HIV ed Ebola e a quelli di importanti biomolecole come l'insulina.

venerdì 11 maggio 2012

Benvenuti nell'Antropocene

L'uomo fin dalle sue origini ha plasmato il proprio ambiente usando la propria intelligenza; la capacità di fare progetti, di immaginare possibili futuri e agire di conseguenza per far si che si realizzino o meno, è infatti una caratteristica peculiare dell'umanità. Oggi, dopo migliaia di anni di storia e qualche secolo di scienza, le capacità umane di trasformare il mondo, positivamente o negativamente,  in modo volontario o meno, hanno raggiunto livelli senza precedenti. Per questo motivo possiamo sicuramente dire che in nostro pianeta stia vivendo una nuova era: l'Antropocene. Questo termine, coniato dal premio Nobel per la chimica Paul Crutzen, che letteralmente significa “era dell’uomo” (dal greco anthropos, uomo), vuole sottolineare come le modifiche ambientali e climatiche di origine antropica in corso stiano scrivendo un nuovo capitolo della storia geologica della Terra. Inoltre, come ho cercato di argomentare in questo vecchio post: "Dal genoma al connettoma. Pensieri sull'evoluzione nell'antropocene", il termine antropocene si adatta anche a indicare come, probabilmente, lo sviluppo di una specie dotata di intelligenza come la nostra rappresenti anche un punto di svolta cruciale per l'intera storia della vita.
Quest'anno la popolazione mondiale ha raggiunto i 7 miliardi; sette miliardi di vite, sette miliardi di intelligenze, sette miliardi di storie, sono un patrimonio umano straordinario. Grazie allo sviluppo tecnologico, in media, la salute e le condizioni di vita delle persone sono migliorate sensibilmente rispetto ad anche solo pochi decenni fa. Tuttavia le questioni da risolvere sono ancora molte; i problemi sociali, ambientali, la povertà e le guerre incombono ancora sul nostro futuro. Allo stesso tempo le nostre conoscenze scientifiche e capacità tecnologiche continuano ogni giorno a crescere a ritmo vertiginoso; prospettando soluzioni ai problemi dell'umanità, ma anche nuovi rischi, promettono di trasformare il mondo e noi stessi in modi che è persino difficile immaginare (se seguite questo blog capirete sicuramente cosa intendo, altrimenti potete cominciare leggendo questo post).
L'epoca che ci troviamo a vivere verrà molto probabilmente ricordata come un'era di passaggio. Come ho scritto nel primo post, credo che noi tutti abbiamo una grande responsabilità perché le scelte che prenderemo  nei prossimi anni contribuiranno fortemente a decidere quale strada imboccherà l'umanità nel futuro. Il video che voglio mostrarvi oggi  commissionato per la conferenza "Planet Under Pressure" tenutasi quest'anno a Londra riassume benissimo tutto questo... Buona visione!

lunedì 7 maggio 2012

La nanostampante 3D superveloce

E' di circa due mesi fa la notizia che alcuni ricercatori del politecnico di Vienna sono riusciti a mettere a punto una stampante 3D in grado di dare forma ad oggetti con dettagli di poche centinaia di nanometri ad una velocità senza precedenti. Nell'immagine qui a fianco potete vedere una microscopica auto da corsa stampata dagli scienziati viennesi; la sua lunghezza è di soli 285 micrometri (10^-6 m). (Per confronto, una tipica cellula umana ha un diametro di circa 10 micrometri).

Nel processo di stampa in 3D si utilizzano speciali resine liquide che si induriscono nei punti in cui vengono colpite da un raggio laser. Il raggio, guidato nei punti voluti tramite un sistema di specchi mobili, innesca nella resina una catena di reazioni di polimerizzazione lasciando dietro di sè una sottile striscia di polimero solido larga poche centinaia di nanometri. Una simile risoluzione permette di plasmare intricatissime strutture  della dimensioni di un granello di sabbia. Come spiega il professor Jürgen Stampfl dell'istituto di scienze dei materiali dell' università tecnologica di Vienna: "Fino ad oggi queste tecniche erano abbastanza lente; la velocità di stampa era misurabile in millimetri al secondo. Il nostro dispositivo arriva ad una velocità di cinque metri al secondo." Una simile velocità, per una tecnica come la fotolitografia a due fotoni, è un record assoluto. Il fattore cruciale che sta dietro a questo notevole miglioramento è un nuovo sistema di guida e movimento degli specchi ha affermato uno dei ricercatori coinvolti nel progetto: "nel nostro dispositivo gli specchi sono in continuo movimento durante il processo di stampa; sono minime accelerazioni e decelerazioni, calibrate con grande precisione, a permettere di mantenere l'altissima risoluzione battendo, al contempo, ogni record di velocità".
Le potenziali applicazioni di questa nuova tecnica sono molto varie, dall'ingegneria biomedica alle nanotecnologie. Inoltre, la maggiore velocità che permette di stampare anche oggetti di dimensioni macroscopiche in tempi ragionevoli, fa intravvedere notevoli ricadute industriali. Adesso, il gruppo di ricercatori autori del dispositivo, sta cercando di sviluppare resine biocompatibili. In questo modo si potrebbero stampare matrici di supporto per cellule con precisione nanometrica; queste, a loro volta, potrebbero avere grandi applicazioni nel campo della medicina rigenerativa e dell'ingegneria tissutale (di cui si è già parlato in questo post).  Nel video qui sotto potete osservare la stampante al lavoro.

mercoledì 2 maggio 2012

L' Allen Institute for Brain Science si espande

Pochi giorni fa Paul Allen, cofondatore della Microsoft e filantropo, ha donato ben 300 milioni di dollari all'"Allen Institute for Brain Science" da lui stesso fondato nel 2003 con uno stanziamento iniziale di 100 milioni di dollari. Con questa ulteriore donazione Allen ha permesso all'istituto di ricerca di varare un vasto e ambizioso piano decennale volto ad affrontare le più fondamentali e complesse questioni della ricerca neuroscientifica. Il programma di ricerca sarà strutturato attorno a tre domande centrali che spesso abbiamo toccato in passati post:

  • In che modo il cervello elabora, codifica ed immagazzina l'informazione?
  • Qual’è l'unità funzionale fondamentale del cervello e quali sono i suoi costituenti cellulari elementari?
  • In che modo le cellule si sviluppano per formare i circuiti cerebrali che sono alla base del comportamento e delle disfunzioni cerebrali?

Il professor Susumu Tonegawa, premio nobel per la medicina e la fisiologia nell'87, ora direttore del "RIKEN-MIT Center for Neural Circuit Genetics", ha dichiarato: "La strategia innovativa dell'Allen Institute, che consiste nell'unire alla ricerca stile "big science" (cioè con progetti di ricerca intensivi e di vasta portata che richiedono un infrastruttura di tipo industriale, solitamente dai costi elevati) un approccio di "open science" (cioè di condivisione gratuita dei risultati con tutta la comunità scientifica), sta davvero trasformando le neuroscienze". "Con progetti che vanno della realizzazione del mouse- e dello "human-brain atlas" fino alle nuove iniziative nel campo del neural coding e della mappatura della "circuiteria cerebrale" l'istituto sta permettendo di fare passi da gigante verso la comprensione ed il trattamento di patologie che, altrimenti, sarebbero ancora lontane parecchi anni dal trovare una cura". Anche Ed  Boyden, professore di bioingegneria all'MIT e pioniere  dell'optogenetica (di cui abbiamo già parlato in questo vecchio post), guarda con grande interesse al lavoro dell'istituto: "L'Allen Institute sta mettendo a punto uno straordinario set di strumenti con i quali cercare di comprendere il funzionamento dei circuiti cerebrali in un modo davvero integrato: dalla "lista delle parti" (dal livello molecolare) al modo in cui queste lavorano insieme (il livello di sistema)". "Sarebbe impossibile per un normale laboratorio di ricerca mettere insieme tutti i pezzi in questo modo; solo lo sforzo concentrato di un grande istituto come l'Allen può permetterlo".
A dirigere i nuovi settori di ricerca aperti all'istituto sono stati chiamati scienziati di fama mondiale come il biofisico Christof Koch del Caltech (che si era unito all'Allen Institute già l'anno scorso come capo responsabile scientifico), Clay Reid dalla Harvard Medical School e Ricardo Dolmetsch, dalla Stanford University.
Se non vi spaventa l'inglese, a questo indirizzo, potete trovare l'intera conferenza stampa organizzata per annunciare i nuovi programmi dell'Allen Institute con gli interventi di Christof Koch, Paul Allen, e del direttore: Allan Jones. Inoltre, per chi fosse curioso, in accordo con la filosofia "open" dell'istituto, tutti i dati e gli strumenti sviluppati dall'Allen Institute sono liberamente accessibili da chiunque al sito www.brain-map.org. Per concludere, vi voglio lasciare alla visione del breve video divulgativo (qui sotto) in cui viene rapidamente presentata l'attività dell'istituto.

venerdì 27 aprile 2012

Outer space - La bellezza dei giganti

Con il post di oggi restiamo in tema spaziale. Il video qui sotto mostra la bellezza mozzafiato di due giganti del nostro sistema solare: Giove e Saturo. Creato da Sander van den Berg usando esclusivamente immagini originali prese dagli archivi delle missioni Nasa Voyager e Cassini, il video, in soli due minuti, ci porta ad ammirare le meraviglie dei due più grandi pianeti in orbita attorno al nostro Sole; dagli anelli di saturno fino ai vortici delle immense tempeste planetarie su Giove.

martedì 24 aprile 2012

Una svolta per il volo spaziale?

Tra poche ore una nuova compagnia chiamata "Planetary Resources" annuncerà al mondo la propria esistenza con una conferenza stampa organizzata presso il museo del volo Seattle. L'obbiettivo perseguito dalla nuova compagnia è a dir poco ambizioso (vista l'enorme sfida tecnologica) e la sua portata è potenzialmente rivoluzionaria. Citando testualmente il comunicato stampa tramite il quale è stata annunciata la conferenza:  

"La Planetary Resources sovrapporrà due settori critici - quello dell'esplorazione spaziale e quello delle risorse naturali - per aggiungere migliaia di miliardi al prodotto interno lordo globale. Questa innovativa start-up aprirà un settore industriale completamente nuovo e porterà a una totale ridefinizione del concetto di "risorse naturali"".

Tra i fondatori della nuova compagnia spiccano personalità imprenditoriali scientifiche del calibro di Peter Diamandis (fondatore della X PRIZE Foundation e figura chiave del volo spaziale privato americano), Larry Page (cofondatore di Google), James Cameron e Eric Anderson (ex responsabile della missioni Nasa su Marte). Quest'ultimo ha recentemente affermato: "L'idea è di partire in piccolo; inizialmente vogliamo portare in orbita terrestre un telescopio adatto a osservare gli asteroidi più vicini alla Terra (i così detti NEO: "near-earth-objects"), alla ricerca di quelli dotati della composizione più adatta all'attività di estrazione mineraria che intendiamo intraprendere. Questo potrebbe avvenire presto, in un periodo tra i 18 mesi e i 2 anni".
I metalli del gruppo del platino: rutenio, rhodio, palladio, osmio, iridio e platino, sono reperibili solo in bassissime concentrazioni sulla Terra e le difficoltà di estrazione possono essere davvero grandi. Ecco perché questi elementi, di sempre più grande rilevanza tecnologica, vengono ad avere prezzi così alti. Il motivo della loro scarsità è che, nel periodo immediatamente successivo alla formazione della Terra, questi metalli non erano presenti sul nostro pianeta. Ciò che viene estratto oggi è arrivato successivamente, a seguito di impatti asteroidali. "Andremo a prenderli alla fonte", ha affermato ancora Anderson; "i costi di estrazione di questi metalli preziosi dagli asteroidi che ne sono più ricchi potrebbero risultare decisamente più bassi di quelli necessari a estrarli dalla crosta terrestre".
Molti asteroidi sono anche ricchi d'acqua; un'altra caratteristica che la compagnia prevede di sfruttare. L'acqua estratta potrebbe essere venduta direttamente nello spazio abbassando decisamente i costi delle missioni abitate, per le quali, fino ad oggi, le agenzie spaziali hanno sempre dovuto portare in orbita riserve d'acqua da terra.
In una fase successiva la Planetary Resources spera di poter stabilire stazioni di rifornimento orbitali per rifornire i velivoli spaziali di carburante prodotto direttamente nello spazio; senza dover quindi sostenere gli astronomici costi di lancio dello stesso. "Qui si sta parlando di rendere veramente possibile l'esplorazione umana dello spazio profondo, oltre l'orbita terrestre", ha dichiarato Anderson; "è questo ciò che trovo realmente eccitante".
E' possibile seguire in diretta la conferenza stampa a questo indirizzo.

PS: Aggiungo qui sotto un breve video di presentazione appena rilasciato dalla Planetary Resources. Consiglio anche una visita al loro bel sito ufficiale (qui il link), appena aggiornato.

PPS: Sono disponibili i video completi della conferenza stampa all'indirizzo che linko qui.

La scala dell'universo

Dopo una pausa più lunga del previsto, voglio riprendere l'attività con un post particolarmente leggero. Ciò che vi voglio mostrare oggi è un'animazione interattiva che ci permette di spostarci in pochi istanti dalla più estrema frontiera dell'ultrapiccolo; la scala di Planck (10^-35 m), fino ad apprezzare con un unico colpo d'occhio l'intero universo osservabile (10^27 m).
L'animazione di cui sto parlando è intitolata “The Scale Of The Universe 2“ e si può trovare all'indirizzo che linko qui. La scala dell'universo è qualcosa di veramente impressionante, che copre ben 62 ordini di grandezza. Questa animazione riesce molto bene nel far cogliere intuitivamente cosa questo significhi; parafrasando le parole di Richard Feynman citate in questo vecchio post, si coglie al volo "quanto spazio ci sia là sotto" (alle piccole scale) e "là sopra" (alle grandi scale). Un altro aspetto interessante e sorprendente di “The Scale Of The Universe 2“ è che gli autori; Cary Huang ed il fratello Michael Huang hanno solo 14 anni ed hanno realizzato questo progetto per puro divertimento dedicandoci più di un anno.