martedì 6 dicembre 2011

Tre strade per costruire una macchina pensante

Abbiamo già parlato in post precedenti di alcuni progetti, al momento in corso, che mirano a realizzare un vero e proprio "cervello artificiale"; un computer che funzioni secondo gli stessi principi di funzionamento del nostro cervello. Una cosa che non abbiamo detto è, però, che ci sono almeno tre approcci notevolmente diversi alla creazione di una simile macchina pensante.

Il primo, che potremmo definire "di forza bruta", è quello attuato da Hanry Markhram con il suo Blue Brain Project: utilizzare potentissimi supercomputer per simulare un intero cervello a partire dai singoli neuroni. Questo approccio pur presentando numerosi vantaggi ed un enorme interesse scientifico (ad esempio come strumento di ricerca neurobiologica) è decisamente inefficiente dal punto di vista energetico e delle risorse di calcolo.
Per capire il perché è sufficiente dare un'occhiata alle grandezze in gioco.
Per simulare in questo modo un cervello umano servirà un supercomputer con una potenza di calcolo di decine di miliardi di megaflops (i flops, o FLoating point Operations Per Second, sono il numero di operazioni in virgola mobile eseguite in un secondo da un calcolatore), che per il suo funzionamento consumerà probabilmente decine di milioni di watt di potenza (il consumo medio di qualche decina di migliaia di abitazioni). Un supercomputer computer del genere dovrebbe essere disponibile entro una decina d'anni, tuttavia se si pensa che al cervello umano per esibire tutte le sue peculiari proprietà bastano circa 2 miliardi di megaflops e 20 watt di potenza diventa chiaro quanto poco efficiente sia simularne il funzionamento basandosi su una architettura di calcolo classica.
E' probabile che questo tipo di simulazioni rimarranno sempre, almeno per alcuni scopi, le più utili, tuttavia realizzare sistemi di intelligenza artificiale neuroispirati "portatili", come ad esempio quelli per la robotica, con questo metodo non sarà una strada praticabile per molto tempo (almeno fino a quando non si saranno concretizzate le promesse più estreme della nanotecnologia molecolare).
E' proprio per ovviare a tutti i lati negativi del metodo "simulazione diretta" e soddisfare queste diverse esigenze che sono stati pensati gli altri due approcci.

Il secondo è ben rappresentato, ad esempio, dal lavoro di Jeff Hawkins o Deleep George (di cui abbiamo già parlato qui) e consiste nel cercare di carpire dagli studi neuroscentifici la vera "essenza" di ciò che fa il cervello dal punto di vista computazionale, tralasciando i "dettagli neurobiologici" inessenziali (e risparmiando quindi molta capacità di calcolo ed energia). In altre parole trovando "l'algoritmo corticale" di cui parla Hawkins non sarebbe più necessario simulare un cervello nei minimi dettagli per ottenere una macchina dotata di intelligenza e pensiero umano. Infatti basterebbe far "girare" questo "algoritmo dell'intelligenza" direttamente su un computer per ottenere una intelligenza artificiale di livello umano; proprio come per simulare le proprietà di processamento dell'informazione di un circuito non è necessario simularlo a partire dagli atomi che lo costituiscono ma basta disporre di una sua schematizzazione, in altre parole di un modello matematico del suo funzionamento.

Il terzo approccio consiste invece nella creazione di "hardware neuromorfico" cioè di circuiti integrati che implementino direttamente nella loro struttura fisica l'architettura del sistema nervoso tramite componenti progettate per imitare le funzioni di neuroni e sinapsi. La vera sfida in questo caso è l'accuratezza biologica, questa è chiaramente più difficile da ottenere nel realizzare un sistema fisico piuttosto che una simulazione virtuale. Nonostante le difficoltà che presenta questo approccio, in caso di riuscita si avrebbe sicuramente un sistema molto efficiente economico e compatto, quindi perfetto per gli usi "portatili" cui si accennava prima. In questo settore, di evidente rilevanza strategica è in corso una vera e propria corsa tecnologica tra l'Europa con il progetto BrainScales e gli Stati uniti con il progetto SyNAPSE della DARPA in collaborazione con la IBM.

Ciò che vi ho appena raccontato vuole essere una introduzione ad un altro post che pubblicherò a breve, in cui vi parlerò di un importante passo avanti compiuto di recente da ricercatori dell'MIT proprio nel campo dei chip neuromorfici. Restate in ascolto per il resto della storia! ;)

3 commenti:

  1. Non ho capito bene l'ultimo punto, la creazione di un hardware neuromorfico. In pratica, sarebbe una sorta di mind... downloading? :D

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  2. Si, in un certo senso! XD
    Più che altro, l'idea centrale del terzo approccio è di costruire componenti di circuiti che, grazie alle loro particolari caratteristiche elettroniche si comportino come dei neuroni dal punto di vista dell'elaborazione dell'informazione. I circuiti così realizzai sono analogici e non digitali come i normali chip dei computer. Questa via è molto diversa dalle altre parchè non simula i neuroni come "stringhe di codice" da far girare su un computer classico, ma piuttosto costruendo sistemi fisici che abbiano le stesse caratteristiche di elaborazione dell'informazione(proprio per questo chiamati "neuro-morfici"). Comunque, come ho anticipato alla fine del post, di questo parlerò più estesamente la prossima volta...

    Spero di avere chiarito il tuo dubbio...
    Ciao e a presto!

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