Lo studio
pubblicato cinque giorni fa sulle pagine della prestigiosa rivista Cell da
parte di un team di ricercatori dell'università di Stanford segna davvero un
momento storico per la biologia e la scienza più in generale: l'alba della
"biologia cellulare computazionale". La portata di questo annuncio è
analoga a quella di quando, nel 2010, Craig Venter stupì il mondo annunciando
di aver creato la prima forma di vita artificiale.
L'impresa compiuta dal gruppo di bioingegneri, bioinformatici e
biofisici autori dell'articolo è stata usare i dati contenuti in più di 900
articoli scientifici per produrre il primo modello computazionale completo del
ciclo vitale di un patogeno umano, il Mycoplasma genitalium, simulando
tutte le componenti cellulari e le loro interazioni in grande dettaglio.
La scelta di usare il Mycoplasma genitalium come organismo modello
per la creazione del primo microorganismo virtuale si deve al fatto che si
tratta del batterio più piccolo capace di vita autonoma, dotato di appena 525
geni (per fare un confronto E. coli, il più famoso batterio da
laboratorio ne ha 4288). Questo ovviamente non solo rende più semplice la
sua modellizzazione, ma abbassa anche la capacità di calcolo dei computer
richiesti per far "vivere" in silico in batterio virtuale
(cioè per "far girare" la simulazione). Ciò nonostante simulare tutti
i processi molecolari che avvengono nel Mycoplasma genitalium rimane una
sfida computazionale notevole. Per simulare una singola divisione cellulare, i
128 computer usati nello studio, dotati di 28 algoritmi connessi tra loro
(ognuno in grado di riprodurre un singolo processo biologico), hanno impiegato
circa 10 ore durante le quali è stato prodotto più di mezzo gigabyte
di dati.
Il successo raggiunto dai ricercatori guidati dal professore di
bioingegneria Markus Covert: simulare
un intero organismo al computer, rappresenta da sempre una sorta di "Santo
Graal" della biologia computazionale. Infatti un modello computazionale
come quello realizzato dagli scienziati di Stanford non solo permetterà di
esaminare nel dettaglio questioni di biologia fondamentale che non sarebbe
facile affrontare altrimenti, ma rappresenta anche una pietra miliare verso
l'uso del "computer-aided design" (CAD) in bioingegneria e medicina.
Il CAD ha rivoluzionato settori come l'ingegneria aeronautica e quella civile;
la sua applicazione nel campo della biologia sintetica o del drug design
permetterebbe di esprimere tutto l'enorme potenziale della medicina
personalizzata (qui,
si era già parlato di un progetto europeo in proposito), e darebbe una
gigantesca spinta all'industria biotecnologica. Tuttavia sarà probabilmente
necessario aspettare ancora qualche anno prima che una tecnologia come il CAD
biologico si sviluppi e si diffonda; la strada da fare è ancora lunga. Ora
infatti l'obbiettivo è quello di simulare cellule più complesse come quelle
umane e, eventualmente, passare a simulare piccoli organismi pluricellulari o
interazioni tra gruppi di cellule nei tessuti. Jonathan Karr, dottorando in
biofisica a Stanford e primo coautore dello studio ha dichiarato:
"L'obbiettivo non è solo quello di comprendere meglio Mycoplasma
genitalium, ma la biologia in generale" e ha aggiunto
"questo potrebbe essere l'inizio di una sorta di nuovo Progetto Genoma
Umano: sarà necessario uno sforzo collettivo di tutta la comunità scientifica
per arrivare a realizzare un modello computazionale di una cellula
umana".
In conclusione vi lascio alla visione di una breve intervista (in inglese) dell'anno
scorso a Markus Covert. Nel video il bioingegnere racconta la sua esperienza a
Stanford, la sua passione per la bioingegneria e le motivazioni del suo
ambizioso progetto che, proprio in questi giorni, è stato coronato dal
successo.
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