giovedì 26 gennaio 2012

Ripensare l'Io

In una recente conferenza TED, tenutasi a Manchester, il noto filosofo inglese Julian Baggini si pone una interessante domanda: esiste un "vero Io", un'"essenza", un "nucleo" che ci definisce e rimane immutato nel corso di tutta la nostra vita?
Il senso comune e la cultura popolare suggeriscono con forza che ognuno di noi abbia una sorta di "essenza del sé", che aspetta solo di essere scoperta, una verità permanente su ciò che ognuno di noi realmente è. Nella sua conferenza Baggini si propone proprio di sfidare questa radicata convinzione, anche alla luce delle scoperte neuroscientifiche.
Il "modello comune" di che cosa sia una persona è costituito da un Io, questa sorta di "essenza del sé" di cui si parlava prima, a cui si attribuiscono ricordi, sentimenti, sensazioni, credenze, desideri ecc... Baggini, nel suo discorso, argomenta che questo modello ha qualcosa di fondamentalmente sbagliato. Non c'è nessun "Io" essenziale, nessun elemento centrale privilegiato che connette memorie, sensazioni, esperienze ecc... queste sono invece direttamente interconnesse tra loro. L'Io, semmai, è questa rete di elementi strettamente correlati tra loro.
A prima vista potrebbe sembrare una differenza sottile, ma non è così; si passa dal pensare a se stessi come a delle entità dotate di esperienze di vita e stati mentali a pensare a se stessi semplicemente come ad una "collezione" di questi. La relazione tra queste "parti" interagenti è di natura fisico-biologica; esse si riferiscono tutte allo stesso cervello e allo stesso corpo, ma si sviluppa anche nel tempo acquistando una dimensione storica. Lo stato attuale, ad esempio, della propria memoria è fortemente dipendente dallo stato passato dei propri desideri o delle proprie sensazioni. Per citare le parole di Baggini: "si è la somma delle proprie parti". Questa concezione "riduzionista" (per chiarire cosa intendo qui per riduzionista potete leggere questo recente post) dell'Io, corroborata dalle scoperte sul funzionamento del cervello che le neuroscienze stanno facendo in questi anni, si ritrova, seppur declinata in modi molto diversi, in correnti di pensiero lontanissime tra loro sia geograficamente che storicamente: dalla filosofia illuminista fino a certe correnti del buddismo.
Dal punto di vista neurobiologico, fa notare Baggini, non esiste un'"unità centrale" del cervello, una struttura in cui risieda l'io o la coscienza. Le neuroscienze indicano come queste siano proprietà emergenti dalla dinamica complessiva di moltissime parti del sistema nervoso.
Le implicazioni filosofiche di tutto questo sono grandi: non esiste un organo che abbia la funzione di collegare il corpo, materiale, con una mente immateriale, in altre parole, con un "anima". Il dualismo, la posizione filosofica che vede una netta separazione tra piano mentale e fisico (e quindi tra mente e cervello), è ormai insostenibile, almeno alla luce delle conoscenze neuroscientifiche odierne. L'idea di un "Io privilegiato", così come quella del dualismo, è, però, molto spontanea, istintiva e accattivante; Baggini per questo la chiama "Ego Trick" ("l'inganno dell'ego"). Molte delle conclusioni del filosofo inglese a questo proposito ricordano le idee di Daniel Dennett (di cui abbiamo già parlato qui) e la sua critica del concetto di qualia, brillantemente esposta nel saggio divulgativo "Sweat Dreams: illusioni filosofiche sulla coscienza". Nel finale della conferenza Baggini fa notare come, vedendo le cose in questa nuova ottica l'Io e la coscienza soggettiva appaiano come un processo dinamico, anziché come qualcosa di statico. In proposito, non posso non citare la bellissima metafora usata dal neuroscienziato Sebastian Seung nella sua conferenza "I am my connectome" , di cui abbiamo già parlato spesso: i pensieri e la coscienza soggettiva (come schemi di attività neurale) stanno al connettoma (la struttura fisica del nostro cervello) come l'acqua di un ruscello di montagna sta al suo letto di pietre; la forma del letto determina lo scorrere dell'acqua, ma questa, col tempo, può modificarlo, scavando nuovi percorsi.
In conclusione, oltre all'interesse puramente filosofico, Baggini sottolinea l' aspetto psicologicamente liberatorio di questo "ripensamento dell'Io": siamo noi, con le nostre azioni e la nostra volontà, almeno entro certi limiti, a plasmare il nostro stesso Io e a definire ciò che siamo.

Posto qui sotto il video della conferenza. Purtroppo, almeno al momento, non sono disponibili i sottotitoli; né in italiano, né in inglese.(Il quadro in alto a sinistra è "L'io supremo" di Palmo Ancona).

4 commenti:

  1. SunnySideOfTheStreet29 gennaio 2012 alle ore 11:14

    Era un po' che non tornavo su questo blog e hai scritto così tante cose! Questo articolo, per esempio, è molto interessante. In effetti, se ci si pensa, ha anche senso, perché non potendo individuare un "nocciolo", un'"essenza" di se stessi, tanto vale assumere che non esista e vedere se stessi come somma delle nostre esperienze e sensazioni. Però non ho capito una cosa: quindi neanche il carattere di una persona esiste? Nel senso, la timidezza, l'aggressività, l'allegria, l'essere positivi o pessimisti, anche quelli sono semplice risultato dell'esperienza? O "c'erano già" come base?

    *disclaimer*
    So che questo è un blog serio di diffusione scientifica per un pubblico non necessariamente specialistico, ma in realtà seguito più che altro da addetti ai lavori. Mi scuso per la banalità delle mie domande.
    *fine disclaimer*

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    1. Eh si! ;) Grazie! sono contento che ti sia piaciuto! No, figurati, le tue domande non sono banali. Anzi, la questione di quanto la genetica (e quindi i fattori ereditari, presenti fin dalla nascita) influenzino comportamento e personalità è ancora molto aperta. E'sempre più evidente però che, nonostante i geni abbiano il loro peso, le esperienze, in particolare quelle iniziali, giocano un ruolo importantissimo. La conferenza di Sebastian Seung che ho citato sopra, in parte, è incentrata proprio sulla tua domanda. Seung comincia la conferenza proprio dicendo: "I am more than my genes; I am my connectome". Se hai tempo ti consiglio proprio di guardarla... E' una delle mie preferite tra tutte le conferenze a cui ho dedicato un post! ;)

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  2. Molto interessante, grazie. Se vi interessa è la tesi che sostiene Hofstadter in "Anelli dell'io", ed or 2007.

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